Il papavero spontaneo e resistente

Sila / Foto di Domenico Gallipoli

Un fiore è un soggetto politico. Agisce con impegno meticoloso e cerca sempre spazio per fare la sua storia, ogni stagione, dalla semina fino ai fiori. Lo è il papavero, un grande viaggiatore, viene dall’est, dalla Turchia, per poi insediarsi in tutta Europa.      

È un attore spontaneo, conosce bene l’estate. È un fiore capace di popolare i grandi campi dove nelle stagioni più fredde crescono i cereali (frumento, segale, avena, orzo e farro), prende spazio a perdita d’occhio. Si è fatto largo a tutte le latitudini, spontaneo nasce sul mare, in montagna può arrivare a più di 1000 metri (la Sila lo testimonia), si trova lungo le strade, è resistente ai climi e agli agenti chimici, una forza sottile, pervasiva e invasiva. 

Nutrimento e simbolo      

In passato si preparava un impasto di papaveri che veniva somministrato ai bambini per farli addormentare, una preparazione tradizionale che sfruttava le proprietà officinali della pianta. Il papavero somniferum è alla base del mercato dell’oppio, tra le antiche terre del sud est asiatico – Pakistan, Afghanistan, Birmania – che le guerre e il narcotraffico hanno reso solo terreno di conquista.

Usato in cucina per decorare insalata e fare infusi, i suoi piccoli semi vengono mischiati con le farine per realizzare pane e torte che bene si alleano con gli impasti di carne e formaggio, con lo yogurt e i frullati. I semi hanno un alto apporto calorico e il suo consumo è salutare per la presenza di Omega 6, vitamine e minerali in abbondanza. 

Nella mitologia latina e greca molte sono le tracce del papavero, caro agli dei e alle dee: Ovidio lo racconta, Venere se ne adorna. Tradotti nelle culture popolari simboleggiano significati diversi e opposti: gli “alti papaveri” indicano personaggi politici e pubblici, da contrastare o depotenziare, mentre il loro colore intenso è, invece, associato al sangue, alla guerra, al ricordo dei caduti. Tra i condottieri era uso portare con sé semi di papavero da spargere sui campi di battaglia per ricordare e commemorare i compagni persi in battaglia. Nei paesi anglosassoni nel Remembrance Day (l’11 novembre) il papavero rosso si associa al ricordo delle vittime delle guerre mondiali. 

Sila / Foto di Domenico Gallipoli

Papaveri e musica

Nella musica popolare italiana ci sono due ottimi esempi che usano i papaveri per parlare di altro. “Papaveri e papere” di Nilla Pizzi, del 1952. Una canzonetta innocente, orecchiabile e spiritosa, tra le più vendute di quell’anno e ancora oggi intonata da piccoli e non solo. La critica musicale dell’epoca ha ipotizzato che il testo contenesse in realtà un messaggio sociale e politico, un sottotesto teso tra denuncia e rassegnazione. Gli “alti papaveri” della politica del tempo (nascenti democristiani) e una piccola paperella, di cui il papavero si innamora ma finisce male… satira di costume di cui la musica popolare è piena. 

Vi è poi “La guerra di Piero” di Fabrizio De Andrè, del 1966. Un inno contro la guerra. L’ispirazione arrivò da un diario di un suo zio che aveva partecipato alla campagna di Albania.  Piero, un soldato semplice, che per la guerra ha lasciato tutto – anche “Ninetta mia” – si ritrova a marciare, stanco di vedere “i cadaveri dei soldati portati in braccio dalla corrente”. In primavera supera la frontiera e scorge, davanti a sé. Un soldato con “la divisa di un altro colore”. 

Piero vorrebbe che la guerra finisse, è spaventato, ma se ha cara la vita deve sparare per primo verso il nemico. I suoi pensieri lo frenano dal premere il grilletto, mentre l’altro non tarderà a sparare. 

Piero ora dorme “sepolto in un campo di grano” con mille papaveri rossi che “ti fan veglia dall’ombra dei fossi”. Un dolore universale per vite interrotte dalle guerre sempre inique, sempre sbagliate. 

Il fiore dei ricordi d’infanzia 

La varietà dei suoi colori, nella cultura popolare, si associa a diversi sentimenti: il bianco alla sfortuna, il giallo al successo, i petali rosa alla serenità. 

Nei giochi di bambina, mentre con le donne più grandi si andava a prendere l’acqua, si interrogava il suo bulbo ancora non schiuso per indovinarne il colore, una filastrocca per i giorni d’estate: gallo, gallina, papera o pulcino (gallu, gallina, papara o pullicinu)

Rosso, rosa, giallo, tutte le sfumature dell’estate in giochi alleati ai colori della natura ardente di giugno e luglio. 

Cercando notizie sul papavero ho scoperto una recente poesia di Giuseppe Abbruzzo che a questo fiore, ardente e delicato, ha dedicato i seguenti versi:

… Stava bramosa l’assemblea fiorita
D’intender come rispondesse, e quando
Alfine a quella gente in gruppo unita
Il papavero disse bisbigliando:
tutto un sogno mi par l’umana vita