Alla ricerca di un tempo sperduto, il futuro presente

“Dicono che c’è un tempo per seminare e uno che hai voglia ad aspettare…”: è un tempo presente, è un tempo futuro: è il futuro presente.

In-trovabile come il secondo libro della Poetica di Aristotele, mai scritto, perduto, in-custodito nell’in-accessibile scomparto di una qualche biblioteca, il futuro presente dovrebbe invece essere corretta declinazione della realtà delle cose.

 È, invece, difficilmente rinvenibile, specie alle nostre coordinate geografiche. Perché:

  • ancora non scritto, quando nella pubblica piazza di questa nostra Repubblica, nel rimbombante silenzio, una parola su tante si eclissa nei dizionari del politichese e della ministerialità: gio-va-ni
  • scritto talmente male da risultare illeggibile, quando una in-volontaria cacografia stravolge i pochi contenuti potenzialmente accettabili per quel centro di realtà, i giovani, e non solo per loro; 
  • mal collocato, quando fondi vengono distratti verso capitoli elettoralmente più redditizi.

Insomma un tempo, il futuro presente, tutto da scrivere. Da riscrivere, nella migliore delle ipotesi.

Futuro

Nel presente gradualmente scorre il futuro, nell’oggi il domani, nell’ora il dopo. 

È, dunque, necessario interrogarsi per comprendere quanto questo scorrere del tempo stia effettivamente generando qualcosa di positivo e quanto di questo tempo, verosimilmente la maggior parte, si stia semplicemente consumando. In questo ultimo caso sarebbe importante rivedere gli attuali paradigmi, permettere dunque una riflessione generale che possa essere alla base di un’ideazione coerente e migliore. Una riflessione in grado di superare l’eterna dittatura del presente, ripensando i fini di una società. Non la  fine. Illuminando, così, un centro di realtà troppo volutamente oscurato; quello occupato – talvolta disoccupato – dai giovani. 

Presente

Quale miglior momento per interrogarsi se non questo nel quale  l’incertezza è massima e l’eccezione è la regola?  

Ecco che dunque è possibile osservare il soq-qua-dro della realtà, prenderne effettiva contezza. Per procedere, poi, a quella effettiva organizzazione creativa e ideativa del presente e nel presente stesso del futuro.

Una ricerca necessaria di un tempo sperduto sì, ma non irrecuperabile.