Archè. Le mie radici

Qualche tempo fa mi era stato chiesto di scrivere qualcosa che parlasse di me, un esercizio che nel corso del tempo ricorre, allora arriva quella sensazione di smarrimento, in cui non ricordi più chi sei. Ho capito che probabilmente tutto ciò è dovuto al fatto che, giorno dopo giorno, non siamo mai la stessa persona. In noi ogni giorno si può scoprire qualcosa di nuovo.

Sentirsi piccoli

Comparando la situazione umana alla filosofia che scorre nella natura, può capitare di sentirsi come un albero. Un esile albero, poco più di un ramoscello, in mezzo ad una foresta piena di alberi secolari si sente piccolo ma allo stesso tempo ispirato e travolto dalla loro prorompenza.

Ogni giorno cerco e ricerco nel tempo, nello spazio e nel divenire la me di un domani che aspira a diventare come “loro”. Nel dire ciò si fa riferimento ad esempi che nel corso della vita ispirano ognuno di noi, è pur vero che gli alberi sono diversi l’uno dall’altro, ma, nonostante ciò, sanno vivere e convivere insieme armoniosamente. Un giovane seme riposto nel soffice terreno non sa di essere destinato a diventare come gli alberi che lo circondano, giorno dopo giorno il suo tronco diventa più robusto, la chioma e le radici si espandono; non gli resta che fidarsi della forza che c’è in sé e aspettare.

Qui subentra l’attesa.

Il concetto di attesa è presentato come un momento di perdizione, a volte di squilibrio, luogo di passaggio a cui siamo destinati. Sembrerebbe che la pianta non cresca: osservo lo stesso corpo con le stesse sembianze e apparentemente sembra quasi sempre uguale, ma in realtà sta ancora crescendo, sta cambiando. Questo ci fa capire che paradossalmente nell’attesa c’è movimento; Una sorta di incubazione. È fondamentale predisporre questo spazio e destinarlo ad un momento di crescita. Si, è vero l’attesa può confondere, ma se riusciamo a direzionare il punto di vista può aiutarci a capire.

Spesso vedere un lato della medaglia ci aiuta a riuscire a delineare ancora meglio l’altra faccia che non potrà che essere il suo mero opposto.

Cresce in me, perciò, la voglia di dimostrare e di dimostrarmi all’altezza di ciò che è già stato fatto, di ciò che è già esistito, e di volgere sempre verso il meglio, per diventare alberi sempre più forti, possenti, secolari e pieni di bellezza. D’altronde Dostoevskij sosteneva «La bellezza salverà il mondo.»

Siamo anche noi un ciclo di stagioni, un costante mutare nel tempo e nello spazio. Allora, quando arriva l’inverno e non possiamo concentrarci sui frutti, possiamo espandere la parte invisibile, le nostre radici, per risvegliarci poi in primavera con un’esplosione di emozioni. Così, quando arriva il silenzio dell’inverno, ascoltarlo è essenziale: in quell’istante all’interno di noi sta sbocciando il seme dell’anima.

Il processo che sta dietro al frutto, di base, sta dentro di noi, ci illudiamo di dover imparare a

fare frutti ma ognuno di noi ha insito in sé la conoscenza e l’emozione per farli nascere. Questa spinta vitale è conservata dentro di noi, (a metà tra la pancia e il cuore) a metà tra la psiche e l’anima e alimentarla è opera nostra.

Il processo progettuale, come sinonimo d’attesa, che si innesca in noi fa parte di un ciclo naturale. Creare, progettare fa parte di un processo naturale che insito in noi, questa successione di fenomeni diversi può essere racchiusa in ogni oggetto, così come è racchiusa in ognuno di noi. Creare oggetti con un ciclo di vita equivale a creare oggetti eterni ed eterei. Con “ciclo vitale” mi riferisco all’andare oltre il tempo, spingendo il nostro sapere nella direzione dell’infinito. Svincolare l’oggetto da qualsiasi presupposto “futile” e aspirare ad una manifestazione quasi archetipica.

In che modo partiamo dalle radici?

Radici vuol dire anche appartenenza, il luogo in cui risiedono le radici dell’essenza. Vanno in profondità e le porti dentro. Sono ciò che ti rappresenta, il luogo in cui sei venuto al mondo e cresciuto, la culla della tua essenza quando sei nato, sbocciato e piano piano cresciuto. La corteccia ha assunto il colore del caldo e del freddo della luce e del buio e i rami hanno assunto la forma a seconda delle circostanze. Ecco che ogni espressione derivante dall’albero diventa metafora e insegnamento umano. Ecco che ogni cosa intorno a noi diventa un mezzo per conoscere la nostra essenza.

«Dalla necessità di seguire il mio istinto mi lascio totalmente travolgere dall’onda di quello che ho capito essere il mio desiderio di creare»

Ogni progetto elaborato è una sincera vi- sione di miei modi di essere, di periodi

e contesti distinti, sintesi di legami con tante persone.

Progetto dopo progetto mi rendo sempre più conto di cio’ che ho imparato e conosciuto e di quante cose ci siano ancora da imparare e conoscere.

Il motore di tutto sono le emozioni che affiorano con sfumature più variegate, condizionate da un dentro e un fuori che per quanto apparentemente opposti sono in simbiosi.

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