Joy

A cento giorni dalla ripresa delle lezioni in presenza è possibile tracciare un bilancio della rinnovata esperienza didattica.  A settembre ho visto i ragazzi e le ragazze ondeggiare al sole in cortile come spighe di grano maturo. Nei loro sguardi la felicità di ritrovarsi, con la voglia di rendere chiara la volontà di stare lì insieme tra i banchi, di esserci; aggrappati all’unica possibilità di aggregazione consentita, tutelata e legittima. Non posso giurare fino a che punto fossero anche consapevoli della imprescindibile opportunità formativa che era stata loro negata, o meglio “bucata” dalla pandemia.

Ad ottobre nessuno rimpiangeva la DAD, neanche i più pigri e indolenti. Al diffondersi di alcuni contagi e alla necessità di porre in quarantena alcune classi a macchia di leopardo, la reazione è stata sorprendente: nessun allarmismo, nessun effetto domino, tutti al proprio posto, ovunque (perfino a scuola!) tranne che a casa dietro uno schermo a seguire le lezioni. Ѐ come se ognuno avesse la necessità di riaffermare in presenza la propria identità. 

Li ho ritrovati cresciuti, sorridenti, più grandi nell’occupare lo spazio ristretto del banco. Alcuni sono stati segnati da vicino dall’esperienza del Covid, dall’isolamento in campagna; comunque, tutti sono più maturi nonostante abbiano subito uno scollamento nell’apprendimento. Come se l’esperienza in DAD fosse stata una sorta di finzione, permeabile allo sforzo intellettivo compiuto. 

Noi adulti, invece, non siamo cambiati nella relazione educativa! A fine novembre li abbiamo valutati con lo stesso metro e gli stessi criteri di sempre. Non siamo riusciti a proporre nulla di nuovo, nessun metodo, nessun approccio, nessun Piano di Ripresa e Resilienza Educativa!

Non tutti abbiamo compreso la nostra gravosa responsabilità di far da tramite, di farci interpreti di una realtà difficile e renderla sostenibile al loro giovane sguardo sul presente. Come se il futuro non appartenesse a nessuno. Questo il dato certo cui tutti perveniamo con più frequenza.  Con quali parole fronteggiare questa pessimistica deriva? La didattica non è solita avere parole nuove in tempi brevi. Chi ha potuto ha lasciato l’incarico docente, anche anzi tempo che “generose travolse alme d’eroi”. Per chi resta è un mare periglioso da affrontare verso un approdo che potrà, io credo, rivelarsi prodigioso.

Mentre sono qui a scrivere queste poche righe, dall’incipit freddo e banale, ascolto “Joy to the world” dei Pentatonix. 

Vorrei vederli nuovamente danzare su queste note gli alunni in cortile, mentre sciamano felici, presi da una euforia contagiosa e incontenibile. Vorrei vederli effervescenti come nei primi giorni di scuola quando è stato tanto difficile tener separati i gruppi. Impossibile, come tentare di separare e distinguere gli affluenti alla foce di un fiume prima che si tuffi nel mare.

Buona vita, ragazzi!